Il dolore cardiaco di origine pericardita (pericardite) o miocardita, sulla base, in questo secondo caso, di una miocardite o di una coronaropatia. Il dolore cardiaco su base coronarica è di gran lunga il più frequente. Sulla sua patogenesi non abbiamo ancora dati sicuri. È possibile che esso sia legato ad un accumulo locale di metaboliti o ad alterazioni dell'apporto di ossigeno al miocardio.
A. La conduzione centripeta del dolore avviene probabilmente tramite fibre simpatiche, attraverso le quali la sensazione dolorifica raggiunge le corna posteriori del midollo spinale. In questa sede si forma un focolaio di irritazione con aumento dell'eccitabilità, per cui stimoli subliminali provenienti dalla cute e dalla muscolatura vengono a superare la soglia di stimolo. Nel segmento corrispondente (zona di Head) si ha quindi la comparsa di una iperesteia ed iperalgesia. Gli stimoli passano inoltre alle corna anteriori, determinando contratture muscolari. Va infine tenuto presente che, viceversa, irritazioni a partenza dalla parete toracica agiscono sulla regolazione del flusso coronarico. Il dolore supera la soglia della coscienza per trasmissione dalle corna posteriori alla corteccia cerebrale.
B. Il dolore cardiaco di tipo coronarico è legato al meccanismo dell'insufficienza coronarica, a sua volta riferibile ad una affezione dei vasi cardiaci o ad un deficit di irrorazione relativo o assoluto provocato da altri disturbi. Quest'ultimo, pur essendo indipendente da una affezione coronarica, può modificare e favorire la coronaropatia e deve essere tenuto pertanto presente ai fini diagnostico-differenziali. Ne sono responsabili anemie, tachicardie, ipertrofie da sovraccarico pressorio persistente e disturbi della regolazione neuro-umorale nel quadro di una labilità vegetativa. |
La diagnosi differenzialeha il compito di stabilire il tipo del dolore cardiaco e di discriminarlo da dolori legati ad altri organi
Dolori cardiaci
Dolori legati ad altri organi
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Il dolore dell'angina pectoris è caratterizzato dall'insorgenza improvvisa e dalla brevità. Esso dura solo pochi minuti, in genere non più di 5, ed è solito scomparire se il paziente si mette subito a riposo, interrompendo l'attività fisica che egli andava espletando. D'altro canto esso viene spesso scatenato da un aumento del lavoro cardiaco. specialmente nel corso di uno sforzo fisico. Un effetto analogo lo può avere il freddo. La localizzazione è per lo più retrosternale, ma anche precordiale, dorsale o estesa a tutto l'ambito toracico. Spiccata è la tendenza all'iperestesia. I più frequenti territori di irradiazione sono il braccio sinistro, il collo fino alla branca sinistra della mandibola, ambedue le braccia, il dorso e l'epigastrio. Il dolore si accompagna ad un più o meno spiccato senso di angoscia e di oppressione. Altra sua caratteristica è la risposta alla nitroglicerina.
Per approfondire dolore anginoso: caratteristiche
Questa tipologia consente in molti casi la differenziazione nei confronti dei dolori pseudo-anginosi, che si manifestano nel corso di disturbi extracardiaci sulla base di una disregolazione neuro-vegetativa, spesso favoriti dall'interferenza di alterazioni vertebrali di tipo degenerativo. Tali dolori possono presentarsi in forma momentanea a carattere puntorio oppure persistere per vari minuti o addirittura per ore. Spesso il loro comportamento nei confronti dello sforzo fisico è diametralmente opposto a quello dell'angina pectoris vera. Essi scompaiono cioè con l'attività fisica. Anche la localizzazione del dolore lascia spesso riconoscere delle differenze. Il dolore pseudo-anginoso viene percepito in sede precordiale, per lo più in una zona strettamente circoscritta, e non in sede retrosternale. In forma di dolore toracico parietale esso si può accompagnare ad una dolorabilità alla pressione nettamente circoscrivibile. Spesso siffatti pazienti tollerano male il caldo, sentendosi, al contrario degli anginosi veri, meglio alle temperature fredde. I loro disturbi non sono influenzati dalla nitroglicerina.
Non sempre, tuttavia, è possibile differenziare nettamente i due tipi di dolore cardiaco ora esaminati, ciò che del resto non desta meraviglia in considerazione degli elementi patogenetici testè discussi. Spesso interverranno interferenze sintomatologiche, che trovano il loro corrispondente in quelle patogenetiche.
Il dolor che accompagna l'instaurarsi di un infarto miocardico, per lo più differisce da quello anginoso solo in via quantitativa. Esso persiste più a lungo, è assai più violento e si accompagna a senso di annientamento. Esso non reagisce alla nitroglicerina e mancano quasi sempre momenti scatenanti, quali uno sforzo fisico o il freddo. Una sicura differenziazione è possibile tramite l'elettrocardiogramma e la diagnostica enzimatica.
Una posizione intermedia fra l'angina pectoris e l'infarto compete al dolore della sindrome coronarica intermedia. In base alle sue caratteristiche è quasi impossibile una differenziazione, benché questo dolore venga definito anche con la denominazione specifica di « angina pectoris grave ». All'ECG si rilevano alterazioni pseudo-infartuali, spesso variabili. Le transaminasi si presentano ancora normali.
Nella miocardite il dolore cardiaco persiste per lo più per lungo tempo e può essere assai intenso, senza tuttavia dar luogo a senso di angoscia o addirittura di annientamento. Dal lato patogenetico esso è assai vicino a quello dell'angina pectoris, essendo riferibile a turbe nutritizie, a loro volta legate ad un edema interstiziale su base flogistica. Va tuttavia tenuto anche presente l'evenienza che la malattia di base abbia provocato, accanto alla miocardite, una coronarite. Nella pericardite possono manifestarsi dolori assai simili, avvertiti per lo più come dolore sordo. Anche in questo caso la loro durata è piuttosto protratta. Non vogliamo qui trattare singolarmente i dolori legati ad altri organi. L'importante è di prendere in considerazione anche tale possibilità. Per lo più la strada verso la diagnosi differenziale viene ad essere allora già delineata. Notevoli difficoltà possono peraltro insorgere in presenza dei due eventi morbosi menzionati per primi nella tabella. A seconda delle dimensioni dell'embolo e dell'intensità delle alterazioni circolatorie riflesse, l'embolia polmonare può presentare notevoli analogie con un attacco anginoso o un infarto cardiaco. Essa si manifesta soprattutto dopo una prolungata degenza a letto o dopo interventi chirurgici. La trombosi, che ne è responsabile, localizzata per lo più alle vene degli arti inferiori, spesso non è riconoscibile. Nella fase acuta, come manifestazioni iniziali, si osservano shock, collasso e dispnea. Nell'ulteriore decorso dell'affezione uno sfregamento pleurico ed un escreato emorragico depongono per un infarto polmonare, uno sfregamento pericardico per un infarto cardiaco. All'ECG l'embolia polmonare dà luogo al quadro di McGinn-White, che verrà trattato più dettagliatamente nel capitolo dei quadri elettrocardiografici pseudo-infartuati. Le modificazioni elettrocardiografiche sono assai fugaci. con una persistenza massima solo di alcuni giorni. Nel sangue l'attività enzimatica non risulta aumentata.
Le aortalgie si manifestano sostanzialmente solo in caso di aneurisma aortico e sono riferibili ad un'azione di compressione sui tessuti viciniori. Nell'aneurisma dissecante il dolore, improvviso, è localizzato piuttosto al dorso e può irradiarsi fino alle braccia e ad ambedue gli arti inferiori. Tipiche per questo quadro morboso sono le conseguenze della riduzione del flusso aortico e la perdita ematica: disturbi visivi, differenze di pressione fra i due arti superiori, ematuria ed in seguito anemia. |