complicanze

dell'ipertensione arteriosa sistemica

 

Quali rischi comporta?

L'aumento della pressione arteriosa produce i suoi danni sulle arterie dei vari organi (cuore, cervello, rene, retina) sommando i singoli microtraumi dell'arco della giornata protratti per mesi o anni. Uno stato ipertensivo non curato o mal curato è uno dei principali fattori di rischio cardiovascolare perché accelera i processi degenerativi dell'arteriosclerosi. Infatti l’aumento della pressione provoca un danno ai vasi arteriosi con ispessimento e depositi di grassi all’interno delle pareti che favorisce lo sviluppo dell’aterosclerosi che ostruisce i vasi ed impedisce il flusso di sangue al suo interno. La conseguenza di ciò sarà un danno a vari tessuti nel nostro organismo.

L’aggressività dell’ipertensione si esercita in tutto l'organismo, ma in particolare si esprime in alcuni organi: il cuore, il rene, il cervello, l'occhio. Quando compaiono i segni clinici: angina pectoris, ictus, emorragie della retina, ecc., il "killer silenzioso" ha già raggiunto il bersaglio e innescato la malattia.

Complicanze dell'ipertensione arteriosa sistemica

  • L'ipertensione ‘pesa sul cuore. Esso è sottoposto ad un superlavoro necessario per superare le maggiori resistenze alla spinta del sangue nei vasi. Ciò comporta dapprima l'ispessimento delle pareti (ipertrofia miocardica): Si possono manifestare, col tempo, alterazioni del ritmo cardiaco, dolori al petto per ischemia miocardica (da ridotto apporto di sangue al muscolo cardiaco) o infarto miocardico (per occlusione di una coronaria). Se persistono valori pressori elevati la cardiopatia ipertensiva evolve verso uno uno sfiancamento delle pareti miocardiche, con conseguente dilatazione delle cavità cardiache, e sviluppo dello scompenso di cuore. L’insufficienza cardiaca si manifesta, inizialmente, con mancanza di respiro durante la notte (con necessità di mettersi seduti per respirare meglio), oppure durante sforzi fisici, e con comparsa di gonfiore alle gambe. Dallo studio di Framingham (un ricerca americana ritenuta fondamentale per lo studio dell'evoluzione della malattia ipertensiva) sappiamo che la dimostrazione elettrocardiografica di ipertrofia ventricolare sinistra negli ipertesi rappresenta un segno prognostico infausto per l’elevata incidenza di mortalità cardiovascolare a 5 anni dalla diagnosi e per il decuplicato rischio di sviluppare insufficienza cardiaca congestizia. Il cuore, dunque. Un organo da proteggere, da salvaguardare, giorno e notte, 24 ore su 24, dalle alterazioni, a volte drammaticamente irreversibili, che l’ipertensione, se non trattata in maniera adeguata, può arrecargli.

  • Sul rene l’ipertensione può produrre una progressiva riduzione di volume (sclerosi) e della funzionalità renale per cui non riesce più a depurare il sangue, perde proteine nelle urine (da cui dipendono gonfiori mattutini agli occhi e alle gambe). Il danno renale è subdolo e progressivo ed alla fine può dar luogo ad “insufficienza renale”, cioè alla incapacità del rene a depurare l’organismo delle scorie del metabolismo. 

  • Il cervello può subire piccole lesioni, che non si associano a sintomi preoccupanti, ma che possono essere evidenziate dalle moderne indagini diagnostiche, quali la tomografia computerizzata, e che, alla lunga, possono compromettere le capacità di ragionamento. In alcuni casi, purtroppo, possono comparire, d’improvviso’ lesioni gravi, con paralisi, disturbi del linguaggio, perdita parziale o completa della vista, ecc.. Talvolta i sintomi sono passeggeri  (si parla in questo caso di Attacchi Ischemici Transitori); il ripetersi di questi episodi produce lenta e graduale perdita di alcune funzioni come la memoria, l’attenzione, la concentrazione, l’orientamento spazio – temporale (degenerazione arterosclerotica). Altre volte il deficit neurologico persiste nel tempo e determina grave invalidità permanente (Ictus cerebrale ovvero Apoplessia). La causa è rappresentata da una emorragia (per rottura di un vaso) o da una trombosi (cioè chiusura di un vaso per cui il sangue non può più giungere ad una determinata zona del cervello). L’ostruzione o la rottura delle arterie del cervello provoca la morte di una parte del tessuto cerebrale con perdita delle funzioni speicifiche delle arre interessate (ciò spiega, per esempio, la comparsa di una paralisi muscolare in una metà del corpo come avviene nell'emiparesi da ictus cerebrale).

  • Negli ipertesi l'esame del fondo dell'occhio (fundus oculi) rivela lo stato delle arteriole periferiche. Nei casi di lieve entità l'unica lesione riscontrabile è rappresentata da fenomeni di incrocio artero-venoso. Col progredire dell'affezione e con la stabilizzazione dei valori pressori si possono osservare chiazze emorragiche a fiamma ed essudati a fiocco di cotone perché i piccoli vasi che nutriscono la retina occludendosi o rompendosi danneggiano la vista. Il danno dei vasi della retina se grave può comportare gravi disturbi della vista.

Lo Studio Monica, che ha coinvolto in Brianza una popolazione di oltre mezzo milione per 10 anni ha dimostrato che dopo i 50-60 anni una persona su 3 ha problemi di pressione.

Il rischio non è lo stesso per tutti gli ipertesi: bisogna infatti tener conto delle condizioni generali del soggetto

Gli ipertesi con maggior rischio di complicanze ipertensive sono i pazienti diabetici, obesi, dislipidemici (soprattutto con aumento del colesterolo - LDL, dei trigliceridi e riduzione del colesterolo - HDL) e coloro che hanno altri fattori di rischio cardiovascolare: chi abusa di alcool, assume un eccesso di sodio nella dieta (più di 5 grammi di cloruro di sodio al giorno), è esposto a sollecitazioni stressanti croniche e chi ha predisposizione genetica (la cosidetta "familiarità"). Da ciò deriva la necessità di assumere una corretta igiene alimentare, fisica, comportamentale e psicologica come prevenzione e cura di base per l'ipertensione. Oltre a questi provvedimenti, non in sostituzione di essi, si ricorrerà all'impiego dei farmaci antiipertensivi, antidiabetici e ipolipemizzanti.

Fortunatamente oggi disponiamo di cure molto efficaci, che permettono di tenerla adeguatamente sotto controllo.

Numerosi farmaci possono combattere l’ipertensione e tra questi gli ace-inibitori, i bloccanti dei recettori dell’angiotensina, i bloccanti dei recettori beta, i calcio-antagonisti, i diuretici ed altri ancora. Si può tranquillamente dire che oggi non esistono più forme di ipertensione che non possono essere controllate.

La terapia della ipertensione, applicata accuratamente ed estesa ad un numero sempre maggiore di soggetti, ha permesso di ridurre di oltre il 30% il numero di casi di ictus cerebrale, di scompenso cardiaco, ed in misura minore, ma sempre consistente, di infarto miocardico ed insufficienza renale.


 

La responsabilità dell'ipertensione arteriosa nell'incidenza d'eventi cardiovascolari è nota da molti anni, a seguito di approfondimenti epidemiologici su popolazioni. Si calcola, infatti, che il rischio di essere colpiti da una malattia coronarica sarebbe doppio negli ipertesi rispetto ai normotesi, e che il rischio di accidenti vascolari cerebrali sarebbe addirittura otto volte maggiore.

L'ipertensione induce insufficienza cardiaca più spesso nelle donne, negli obesi e nelle popolazioni di colore. Alla conclusione sono giunti ricercatori dell'università dell'Illinois, Chicago, dopo aver esaminato le cartelle di 680 pazienti con insufficienza cardiaca. Nei soggetti monitorati, il 25% delle insufficienze cardiache avevano avuto come prima causa l'ipertensione. Tra le donne, però, questa causalità ricorreva nel 34% dei casi (contro il 21% degli uomini); il divario era ancora più netto tra afro - americani e bianchi (40% contro 7%) e tra obesi e non (45% contro 18%). Ad ogni modo, sicuramente l'alta pressione arteriosa è responsabile, da sola o in concorso con altri fattori, di un diffuso danno delle pareti dei vasi e del cuore stesso (l'ipertrofia del ventricolo sinistro) e di un'accelerazione del processo aterosclerotico.

Attraverso questi meccanismi, essa è in grado di determinare o favorire le malattie coronariche, come l'angina e l'infarto, l'ictus cerebrale, lo scompenso cardiaco, le aritmie, l'insufficienza renale, la patologia ostruttiva dei vasi degli arti inferiori, la patologia vascolare dell'occhio. Dagli studi di popolazioni appare verificata anche la relazione inversa: più è bassa la pressione, più aumenta la durata della vita e migliora la sua qualità.

Si può guarire dall'ipertensione arteriosa?

Una volta che si è stabilito in modo preciso che un paziente è affetto da ipertensione arteriosa, la terapia antiipertensiva va continuata per sempre. Infatti i farmaci antipertensivi anche se efficaci, sono una terapia sintomatica perché abbassano la PA portandola a valori normali, ma non guariscono la malattia; pertanto devono essere presi continuativamente altrimenti la loro sospensione riporta la PA ai valori precedenti la terapia in tempi brevi.

Soltanto nei periodi estivi caldi quando esiste un fisiologico calo pressorio si può pensare, su consiglio del proprio medico, di ridurre la terapia o, nei casi più lievi, di sospenderla momentaneamente.

 

Stress e pressione arteriosa

“Ai giorni nostri si parla tanto di stress e ad ogni difficoltà quotidiana si dà questo nome. Ebbene, in molti casi sembra che lo stress psico - emotivo possa essere un fattore causale dell’ipertensione essenziale al punto che da un lato si sono identificate situazioni emotive che sembrano particolarmente pericolose (arrabbiature, performance intellettuali continuative gravose di responsabilità, emozioni intense frustrate nel loro manifestarsi) e dall’altro tipologie di personalità più suscettibili di altre a subirne i danni. Queste personalità, derivate da fattori di apprendimento familiare, sociale, religioso - morale o, talvolta, da problematiche conflittuali inconsce, sono oggetti di studio di una branca della medicina che diventa sempre più importante per l’individuazione della cause, o concause, di svariate malattie: la medicina psicosomatica. Vedremo poi quali importanti considerazioni propone questa medicina sull’ipertensione arteriosa essenziale.” (dott. Antonio Buretta, sito Web: SALUTE)