intervista al Prof. Pier Luigi Prati a cura di Silvia Ferraris
Lavoriamo il doppio, fumiamo troppo, ci muoviamo poco. Certo, viviamo più delle nostre nonne, ma decisamente peggio. E ora le nostre coronarie sono a rischio. Proprio come quelle degli uomini. Lo stress in ufficio: ormai in tutto uguale a quello degli uomini. Gli impegni a casa: sempre gli stessi, ma il tempo che abbiamo è molto ridotto, se lo paragoniamo con quello delle nostre nonne. E poi, naturalmente, l'ansia per le nostre nuove responsabilità e per la carriera: cose che una volta facevano paura solo a lui. Dulcis in fundo, la durata della vita che si allunga, soprattutto per le donne. Ma attenzione: non sempre gli anni guadagnati sono di qualità. Conclusione: tutto, oggi, contribuisce ad appesantire il cuore delle donne, che infatti - da uno sguardo alle ultime stime epidemiologiche - perde colpi né più né meno di quello degli uomini. I medici sono d'accordo: la malattia cardiovascolare è un nuovo nemico, insidioso, che minaccia la salute delle donne. E che non va sottovalutato, anzi, trattato alla stessa stregua di mali che fanno molta più paura, come il cancro. Certo: di buono c'è che la scienza ha molte nuove armi per proteggerci. Sofisticate macchine sono in grado di stabilire, con largo anticipo, anche io anni, se un giorno avremo un infarto: un nuovo test, introdotto in Italia dal Servizio Prevenzione e Protezione del CNR, vigila sulle nostre coronarie. Moderne tecniche di chirurgia, grazie ai progressi della terapia genica e alle cellule staminali permettono di ricostruire intere “parti” del muscolo cardiaco, quando non funzionano più. Eppure, ogni anno, in Italia le donne continuano a morire per un “cuore matto”: il bilancio è di i5mila vittime (gli uomini sono 22z mila). Perché la malattia è diventata così pericolosa anche per noi? Ne parliamo con uno dei massimi esperti in Italia: il Prof. Pier Luigi Prati, cardiologo, Presidente della Fondazione “Centro per la Lotta contro l'Infarto”, uno degli enti più importanti in Italia nel campo dello studio e della prevenzione delle malattie cardiovascolari.
Professore, è vero che tra le donne le malattie del cuore sono in costante aumento? La durata della vita si sta allungando molto, soprattutto nella donna, che ormai sopravvive in media fino a So anni. Raggiungere la vecchiaia significa vedere aumentare anche le probabilità di una malattia di cuore che rappresenta, insieme ai tumori, il modo più comune di concludere l'esistenza. L'età è universalmente considerata il più importante fattore di rischio per la malattia cardiovascolare.
Quanto è frequente l'infarto tra le donne? La donna è Protetta dall'infarto grazie all'ombrello estrogenico, cioè gli ormoni femminili, per tutta l'età fertile. È vero che fumo, obesità e diabete sono capaci di rompere ombrelli e protezioni, ma l'infarto miocardico prima della menopausa resta una malattia estremamente rara.
Quali sono le differenze tra le stime che riguardano le donne e quelle degli uomini? L'appartenenza a una sorta di “specie protetta” la sì che, prima della menopausa, il rischio di morte per infarto, sia, nelle donne, quattro volte minore rispetto a quello del maschio. Superati i 55 anni di età, le curve di mortalità si avvicinano lentamente. Fino a toccarsi e confondersi intorno ai 7o anni.
A parte l'età, quali altri fattori favoriscono le malattie cardiovascolari della donna? Ci sono due emergenze: il problema delle giovani fumatrici e l'obesità nella donna. Fuma il 28 per cento delle ragazze, che sono l'unica”'categoria” in cui l'abitudine alla sigaretta è in aumento: il loro numero è cresciuto del 69 per cento tra l'inizio e la fine degli anni 90. Anche la percentuale delle donne obese, se confrontiamogli ultimi anni col 1994, risulta triplicata: dal 7 al 20 per cento.
Quali spiegazioni si possono dare di questi comportamenti sbagliati? La spiegazione più probabile è che la donna, uscita di casa e coinvolta in attività lavorative e responsabilità tradizionalmente maschili, cada negli stessi errori esistenziali del maschio.
Si dice che spesso le donne non si accorgono dei pericoli per il proprio cuore o che lo scoprono troppo tardi. Perché? Un motivo fondamentale è di natura psicologica. La donna si considera immune dalle malattie coronariche, le considera una prerogativa pressoché esclusiva del maschio. Non accetta di avere avuto un infarto, anche se è la verità, e minimizza.
È vero che i medici tendono a sottovalutare i problemi cardiovascolari delle donne? Se sì, come mai? Sì. Accanto alla donna c'è spesso un medico poco incline a prendere sul serio i dolori toracici e più propenso a privilegiare l'origine ansiosa del fenomeno. Qualcuno ha parlato di “coronarie tradite dal maschilismo”. Uno studio condotto nel Massachussets e nel Maryland ha svelato che la donna, quando si ammala alle coronarie, viene studiata e trattata adeguatamente soltanto nella metà dei casi rispetto all'uomo.
È vero che l'infarto è più grave nella donna che nell'uomo? Il cuore della donna è enigmatico e imprevedibile, anche quando inciampa nella malattia coronarica. La maggior gravità dell'infarto femminile è largamente accettata e condivisa. Per diversi motivi. Anzitutto perché nelle donne l'infarto si manifesta in età più avanzata (quando l'apparato cardiocircolatorio è meno pronto a difendersi). Poi, perché di solito avviene in presenza di numerosi e contemporanei fattori di rischio (obesità, diabete, pressione alta, etc). E infine perché viene curato peggio.
Quanto è più grave, rispetto all'uomo? Basti pensare che, nei primi 30 giorni di malattia, la mortalità nella donna supera del 40 per cento quella dell'uomo.
Anche la risposta alle cure è meno soddisfacente? Sì. Le arterie coronariche della donna sono più sottili e conseguentemente si prestano un po' meno sia alle procedure chirurgiche di bypass aortocoronarico sia a quelle di dilatazione col palloncino.
Dopo un infarto, una donna può tornare a fare una vita normale? Se l'infarto non ha avuto importanti complicazioni, la vita deve tornare ad essere normale! Basterà rispettare le regole igieniche e di terapia farmacologica suggerite dal medico.
La prevenzione funziona? Al momento, purtroppo, stiamo pagando le conseguenze del fatto che tutte le campagne di educazione sanitaria contro l'infarto sono state fatte per la sola popolazione maschile.
La malattia coronarica della donna comincia praticamente con la menopausa. Come rimedio è sembrato naturale, finora, il ricorso alla terapia ormonale sostitutiva, ovvero l'uso del cerotto. Quale è la sua opinione? C'è stata molta euforia a proposito dei vantaggi del “cerotto” sul cuore femminile. Qualcuno è arrivato a dire che “l’estrogeno, ormone femminile per eccellenza, rappresentava il medicinale più efficace per il cuore della donna in menopausa”. Così, almeno, sembravano indicare le prime ricerche. Quando sono arrivati i risultati degli studi più approfonditi, però, molte speranze sono state deluse. Si è visto che non era possibile sostenere la capacità della terapia ormonale sostitutiva di proteggere il cuore della donna. Gli studi che fanno testo, in materia, sono l HERS ed il Women's Health Iniziative, pubblicati su DAMA.
Quindi, la donna dovrebbe rinunciare al cerotto? No. Il cerotto ha un'infinità di effetti favorevoli sull'umore e sui dolori ossei. Applicato per periodi non eccessivamente lunghi, non espone a rischi tumorali. Non si vede quindi perché rinunciare, se il ginecologo la consiglia, ad una cura tanto efficace. Molte donne dicono 7o non rinuncerò mai al cerotto anche se fosse pericoloso". L'affermazione è sbagliata ma fa capire quanto sia grande il vantaggio soggettivo della cura.
Le donne ammalate di cuore si lasciano curare facilmente? E hanno tutte le stesse possibilità di riabilitazione? No. Un test che spesso si richiede ai pazienti per valutare come funziona il loro cuore, e quale sia la loro riserva coronarica, consiste nel pedalare in sella a una cyclette per una quindicina di minuti. Non è facile convincere una donna, specialmente se si tratta di una donna anziana, a sottoporsi a questo esame. E lo stesso discorso si potrebbe fare a proposito della prevenzione. Il jogging è più facile che lo faccia una signora milanese che una donna di un paesino del Sud, esattamente come avviene negli USA per la donna di New York rispetto a quella del Wisconsin.
In quali paesi del mondo l'infarto è più frequente e dove invece lo è meno? Se prendiamo come esempio un cinquantenne, troviamo profonde differenze a seconda del luogo dove è nato e vive. Vi sono consistenti probabilità che un finlandese sia già stato colpito da un infarto per colpa dell'alimentazione molto ricca di burro che si usa nel suo paese, mentre è del tutto improbabile che lo sia stato un abitante dell'isola di Creta, dove si utilizza la dieta mediterranea.
Quali esami dovremmo fare, e con quale cadenza, per prevenire i disturbi cardiovascolari? Secondo l'organizzazione mondiale della Sanità si dovrà fare un controllo tra 18 e 3o anni, tre controlli tra qo e 5o anni, un controllo ogni 1-z anni dai 5o anni in poi. Gli esami di routine sono la visita medica, il test della pressione arteriosa, glicemia, colesterolo e frazioni lipidiche, elettrocardiogramma da sforzo, ecocardiogramma. Alla luce dei risultati, il medico può chiedere un approfondimento e altre indagini.
Abbiamo parlato della durata della vita delle donne. Ma la qualità? Parlando della vita della donna si tende sempre a sottolineare un privilegio, quello della maggiore durata. Sembra implicito che sia migliore anche la qualità: ma io non ho quest'impressione. La nostra è una società ancora piuttosto maschilista, e, quando soffre, la donna sta peggio ed è assistita peggio, rispetto all'uomo. Soffre di più di ansia e depressione, e come se non bastasse, scivola più spesso nelle cattive abitudini. fumo ed obesità la minacciano più dell'uomo e più che in passato.
Insomma: nel cuore noi donne abbiamo un nuovo nemico? Direi proprio di sì. In futuro la donna non morirà più di parto come ha fatto nei secoli. Morirà, analogamente al maschio, di lavori deterioranti, di competizione, di fumo. Per quello che riguarda il cuore bisognerà aiutarla di più, come già si fa per i tumori. Questa è la sfida che attende i medici.
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